Valore legale titoli di studio – nuova comunicazione del CNA

Considerazioni sulla proposta del Governo per la abolizione del Valore legale del titolo di studio
Si vuole adottare un provvedimento che preveda l’abolizione del valore legale della laurea; lo Stato dà il compito alle Università di preparare gli studenti all’esercizio di una professione, e qualcuno ritiene che non tutti gli atenei siano in grado di corrispondere a questo incarico in modo corretto.
Il diploma di laurea che sancisce la fine del percorso di studi assume lo stesso valore e quindi rende, nel territorio nazionale, tutti i laureati uguali.
In alternativa la diversificazione del titolo, in relazione alla qualità, alla fama, ed alla esclusività degli atenei, comporterebbe l’adozione di aspetti propri di un modello liberale, americano ed anglosassone, paesi dove l’autonomia ed il coinvolgimento del privato nell’istruzione hanno raggiunto maturità e funzionamento grazie a decenni di corretto sviluppo.
Pensare di applicare tout-court un provvedimento di diversificazione del valore del titolo di laurea, quale quello ipotizzato dall’attuale governo, di discutibile risvolto positivo, sarebbe devastante in quanto avulso da provvedimenti di riforme modificatorie della competenza dello stato in materia di istruzione pubblica.
Ne deriverebbero parecchie contrarietà;
ammessa l’attuazione del provvedimento ipotizzato si avrebbe:
• un totale scollamento ed una tempistica inadeguata rispetto al avvio dell’ANVUR (valutazione nazionale università e ricerca qualitativa di dipartimenti, atenei e personale);
• una grande resistenza da parte di sindacati universitari e di studenti;
• una penalizzazione delle università svantaggiate di una struttura universitaria irrazionalmente distribuita nel territorio spesso per prevalente volontà politica;
• un probabile aumento dei costi universitari a carico degli studenti;
• una drammatica difficoltà di garantire il diritto allo studio degli studenti capaci e meritevoli ma sprovvisti di mezzi.
Si configurerebbe pertanto un’ulteriore riforma così radicale e negativa che consegue ad una già disastrosa politica universitaria, che da oltre un decennio rende la situazione insostenibile.
La presunta non eccellente qualità della formazione universitaria, va oggi affrontata in maniera diversa con un Anvur efficiente e risolutivo ed un progetto organico da parte del Ministero, di riduzione delle malferme sedi universitarie e migliorativo premiale degli atenei tendendo alla armonizzazione della qualità formativa universitaria verso i livelli dei vari paesi d’Europa
Quando si riuscisse ad imporre una virtuosa competizione meritocratica, quando venissero reintegrate risorse e turn-over nelle università, quando si riuscisse mettere in atto meccanismi per la perequazione di livelli sociali nel diritto allo studio, si potrà, solo allora, argomentare sul corretto processo di valutazione, nel pubblico od anche nel privato, del valore legale dei titoli universitari.
Il sondaggio è fatto in maniera pretestuosa ed il progetto è chiaro: trasformare l’assetto del sistema universitario, progetto già iniziato e chiaro nel programma Aquis associazione in cui di recente si sono legati alcuni atenei autodefinendosi di qualità. Da ciò all’abolizione dell’esame di stato e degli ordini la strada è avviata.
Chi ha provato a compilare il “sondaggio” non può che rilevare come le domande siano orientate a prefigurare un esito precostituito nel sondaggio, pensando ottimisticamente di stilare immediatamente una graduatoria fra atenei e facoltà suddivise in sole tre categorie.
La conseguenza devastante sarà per gli studenti, le cui immatricolazioni sono già ridotte contro ogni impegno italiano per aumentare nella EU il numero dei laureati
entro il 2020, ed il provvedimento eventuale sarebbe indegno per gli studenti indigenti che non possono né emigrare né pagare alte rette di “rinomate” università pubbliche e private.
Manca infine del tutto un dibattito efficacemente informato ed esauriente circa l’abolizione o il mantenimento del valore legale del titolo di studio:
Nasce una convinzione: o la questione della abolizione del valore legale del titolo di studio è politica ed allora, almeno in via di principio, non dovrebbe essere affrontata dal governo tecnico o è tecnica ed allora, non dovrebbe essere soggetta ad una verifica di consenso (per di più, mediatico).
Se è vero che la società attualmente rinnega il “reale” a favore del consenso, è altresì vero che il consenso può essere fonte di legittimazione solo se “misurabile” sulla base di regole preventivamente definite.
Questo delicato tema meriterebbe, secondo i principi della democrazia partecipativa, un dibattito sufficientemente informato prima della consultazione pubblica in quanto ad essere messe in discussione sono le stesse regole del gioco democratico.
Giova ricordare infine come il CUP (Comitato Unitario delle Professioni) nell’Ottobre 2007 lanciò una raccolta di firme per la sottoscrizione di un disegno di legge di iniziativa popolare sulla riforma delle professioni nel quale il mantenimento e la valorizzazione del valore legale del titolo di studio era un aspetto fondamentale.
Tale raccolta di firme avvenne secondo il dettato normativo e costituzionale in base ad oltre 100.000 firme certificate da pubblici ufficiali, tanto che la Proposta di Legge fu regolarmente presentata alla Camera dei Deputati al n° AC 3277/2007, attualmente in discussione presso le Commissioni II Giustizia e X Attività Produttive della Camera con il n° 3/2008.
Suscita pertanto stupore che un organismo dello Stato quale é un Ministero bandisca un pseudo referendum tramite internet senza minimamente tener conto delle regole che lo Stato si è sempre dato per la raccolta popolare di pareri che abbiano un minimo di credibilità e certificabilità.
Massimo Gallione
Giorgio Cacciaguerrra

 

Riferimenti normativi
La Costituzione della Repubblica Italiana dedica un intero articolo, il numero 33, all’interesse pubblico in materia di istruzione, istituzioni educative, e ruolo degli Esami di Stato:
Art. 33.
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Inoltre nell’ordinamento giuridico italiano il titolo di studio a cui viene attribuito valore legale è un certificato rilasciato da un’autorità scolastica o accademica nell’esercizio di una funzione pubblica. Esso riproduce gli estremi di un atto pubblico compiuto da un pubblico ufficiale o da una commissione d’esame, investita della medesima funzione, che dispone il conferimento del titolo al candidato; pertanto si tratta di un atto di fede privilegiata ai sensi degli artt.2699 e 2700 del Codice civile. Per potersi dare la potestà prima menzionata, tale autorità in parola deve essere un’amministrazione pubblica a ciò incaricata dalla legge, oppure un istituto privato legalmente riconosciuto dal Ministero competente, mentre il titolo di studio deve riferirsi ad un corso previsto da un apposito regolamento didattico conforme a schemi nazionali definiti da specifiche leggi e norme ministeriali (o anche leggi regionali per i settori formativi di loro competenza). A questi titoli, e solo ad essi, viene accordata una specifica protezione legale.
Dal punto di vista dell’efficacia giuridica, il possesso di un titolo di studio con valore legale è (per definizione) una condizione necessaria, in base a specifiche norme dell’ordinamento, per:
▪ il proseguimento degli studi nel sistema scolastico o accademico nazionale
▪ l’ammissione ad esami di Stato finalizzati all’iscrizione ad albi, collegi ed ordini professionali per l’esercizio di professioni che tutelano fondamentali interessi pubblici (dalla salute alla conservazione del patrimonio paesaggistico e culturale, ad esempio), come peraltro previsto dal quinto comma dell’art.33 Cost.
▪ la partecipazione a concorsi banditi dalla pubblica amministrazione e l’inquadramento in precisi profili funzionali lavorativi
Infine, i titoli di studio stranieri non hanno valore legale in Italia, se non a seguito di una dichiarazione di riconoscimento o di equipollenza, che può essere concessa in base a criteri e procedure sancite da accordi e trattati internazionali e definiti in apposite leggi nazionali di recepimento